Appunti di Storia

Constitutio de feudis

Monday, September 28th, 2009

La “Constitutio de feudis” fu emanata dall’imperatore Corrado II il 28 maggio 1037 durante l’assedio di Milano. Con essa veniva concessa l’ereditarietà dei feudi minori per dividere la piccola feudalità da quella maggiore, rappresentata dall’arcivescovo Ariberto d’Intimiano e dai capitanei della Lombardia.

“Nel nome della santa e indivisibile trinità, Corrado per grazia di Dio imperatore dei Romani augusto.

  • A tutti i fedeli della Santa Chiesa e nostri, sia presenti sia futuri, vogliamo che sia noto ciò che noi per riconciliare gli animi dei signori e dei vassalli, affinché si trovino sempre concordi reciprocamente e servano devotamente noi e i propri signori con fedeltà e perseveranza, abbiamo comandato e fermamente statuito: che nessun vassallo di vescovi, abati, abbadesse o marchesi o conti o di chiunque tiene ovvero abbia tenuto o abbia fino a qui ingiustamente perduto un beneficio dei nostri beni pubblici o dei beni ecclesiastici, tanto fra i nostri maggiori valvassori, quanto fra i vassalli, perda il proprio beneficio senza certa e dimostrata colpa, se non secondo la costituzione dei nostri antecessori e il giudizio dei suoi pari.
  • Se sorgerà una contesa tra signori e vassalli, benchéi pari abbiamo giudicato che quel taledebba perdere il suo beneficio, se colui darà che ciò sia stato fatto ingiustamente o per odio, conservi il proprio beneficio, fino che il signore e colui che è stato trovato in colpa davanti ai suoi pari non vengano dinanzi alla nostra presenza, e quivi la causa sia definita con giustizia. Se tuttavia i pari dell’accusato verranno meno ai signori, egli terrà il suo beneficio finché non comparirà davanti a noi con il signore e i suoi pari. Il signore o il vassallo incolpato, che abbia stabilito di venire alla nostra presenza, notifichi ciò a colui col quale ha la lite sei settimane avanti di cominciare il viaggio. Questo sia osservato anche per i maggiori valvassori.
  • Per i minori, invece sia definita la causa nel regno d’Italia o innanzi ai signori o innanzi al nostro messo.
  • Comandiamo altresì che quando qualche vassallo, sia tra i maggiori sia tra i minori, sia uscito di vita, il suo figliuolo conservi il suo beneficio. Se poi non avrà un figlio e avrà lasciato un nipote figlio del suo figlio, abbia in pari modo il beneficio, mantenendo intatto l’uso dei maggiori valvassori di dare cavalli e armi ai loro signori. Se non lascerà nemmeno un nipote e avrà un fratello legittimo e consanguineo, se questo avrà offeso il signore e vorrà fare ammenda e diventare suo vassallo, ottenga il beneficio già di suo padre.
  • Inoltre in tutti i modi proibiamo che nessun signore presuma fare cambio o precaria o livello del beneficio dei suoi vassalli senza il loro consenso. Di quei beni poi che essi tengono con diritto di proprietà o per precetto o per giusto livello o di precaria, nessuno osi spogliarli ingiustamente.
  • Anche noi vogliamo avere il fondo che i nostri predecessori riscuotevano dai castelli. Ma non pretendiamo in nessun modo ciò che essi non avevano mai avuto.
  • Se alcuno avrà violato questo ordine, paghi una composizione di cento libbre di oro, metà della nostra camera e metà a colui che è stato danneggiato.”

Da P. Brezzi, Storia d’Italia, vol. III, De Agostini edizione.